Mafia: Abbiamo da poco identificato il virus, ma la giusta dose della cura non viene ancora somministrata

Mafia: Abbiamo da poco identificato il virus, ma la giusta dose della cura non viene ancora somministrata

Le cronache dei giornali ci portano ad una data che oggi ci sembra molto lontana per scoprire quella che fu definita la prima vittima della mafia in provincia di Foggia. Era il 28 marzo del 1981 quando a San Nicandro Garganico fu sterminata un’intera famiglia compresa la piccola Caterina Ciavarella di appena 5 anni. A distanza di 42 anni si contano almeno altri tredici episodi che si portano dietro storie drammatiche ed esempi di vita, come quella di Nicola Ciuffreda, Giovanni Panunzio e Francesco Marcone. Nella giornata della memoria delle vittime innocenti della mafia, il ricordo va a coloro che hanno perso la vittima perché si trovavano nel posto e nel momento sbagliato. Quarant’anni per comprendere che c’è un metodo mafioso nelle azioni della criminalità e, purtroppo, sempre più nel comportamento di pezzi di una comunità che si sente sempre più sola ed emarginata, socialmente ed economicamente. Solo qualche anno fa lo Stato si è deciso ad istituire la sezione distaccata della Direzione Investigativa Antimafia a Foggia mentre il percorso legislativo per la Distrettuale Antimafia, per la Corte d’Appello e per il Tribunale dei Minori, oltre alla riapertura di almeno un Tribunale ordinario, sembrano un sogno. Il Patto per la Sicurezza Urbana sottoscritto a Foggia dal Ministro Piantedosi mette a disposizione delle istituzioni locali alcuni strumenti di contrasto a questi fenomeni, soprattutto a livello culturale e sociale. Ma non basta. La mafia è come un virus che va contrastato su più fronti, arginato, isolato ed annientato. In questo momento questo virus lo abbiamo identificato ma la cura sembra non essere stata ancora somministrata nella giusta dose.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *