Un giorno in Pronto Soccorso a Foggia: Storie di ordinaria amministrazione.

Un giorno in Pronto Soccorso a Foggia: Storie di ordinaria amministrazione.

Ecco perché la buona sanità a Foggia ha ancora molta strada da fare. Vi racconto una breve storia, non è una barzelletta anche se a tratti certe espressioni possono portare a pensarlo. Ed allora, chi si rivolge al pronto soccorso è, in molti casi, per reale necessità soprattutto in questo periodo di pandemia dove il rischio contagio è elevato, soprattutto in strutture “attraversate” da pazienti con codice rosso poi riscontrati “positivi”. Analizziamo la situazione prendendo in esame un cittadino che si rivolge al pronto soccorso alle ore 13.30 di un giorno feriale. Per poter entrare deve attendere il suo turno per fare il tampone e dopo 1 ora arriva la risposta per poter accedere nella saletta del pronto soccorso che sembra l’androne di un palazzo anni cinquanta. Inizia una nuova fila ed una nuova attesa. Passa ancora 1 ora e nessuno lo chiama quanto meno per accertarsi che esiste. Passano due ore e finalmente si accorgono di lui. Registrano la sua situazione nel bel computerino dove segnano le sue patologie e gli fanno il prelievo del sangue in mezzo al caos, in barba alla privacy e al rischio di infezioni (Covid a parte). Inizia un nuovo calvario nella sala d’attesa con la speranza che prima o poi il medico chiami il “fortunato” paziente per verificare la situazione. Dopo 6 ore dall’arrivo in ospedale ancora nulla. A quel punto il nostro fruitore del servizio sanitario pubblico ha più soluzioni: andarsene presso l’ospedale più vicino (ah già Lucera non è più ospedale); cominciare ad urlare come un forsennato (a giro capita sempre qualcuno che perde la pazienza); sedersi con la speranza che il codice azzurro assegnsto non diventi rosso per un aggravamento della situazione. Poi, magari, il povero paziente chiede che gli venga fatto almeno un elettrocardiogramma (perché alcuni sintomi possono imputare qualche problemino e nessuno ci aveva pensato prima) ed allora qualcosa si sblocca. Ora gli tocca fare i raggi: altra fila. Almeno 1 ora di attesa. Poi devi attendere il referto che, unito ai valori del sangue e del cuore, dovrebbe dare qualche informazione in più. Ma già il paziente si sente meglio, perché l’idea di uscire da questo incubo lo porta a desiderare anche di non essere in perfetta forma ma senza dover tornare al pronto soccorso di Foggia. Si, quello solito o il “vecchio” per intenderci. Perché il nuovo è ancora lì che ci guarda. E speriamo solo che, quando sarà operativo, ci sarà più personale medico per garantire ad una intera provincia di essere assistita. E magari prima di cedere per sfinimento. Fermi tutti. La storia non è finita. Perché il bravo medico, sono in due in turno oltre a quello per i malati Covid, decide per una visita specialistica con il cardiologo. E così dopo solo 10 ore di attesa si attraversa in ambulanza l’area ospedaliera per andare al nuovo plesso Deu per fare la visita. Superata la mezzanotte il medico, esaminate le carte, dispone il “rilascio” del paziente, una terapia dimiciliare e successivi controlli. 12 ore per un prelievo, un elettrocardiogramma e dei raggi. Tempo impiegato 10 minuti a cui aggiungere altri 10 minuti dal cardiologo. Evidentemente qualcosa non va nel sistema. Che qualcuno intervenga. Due medici, anche bravi, in turno, non possono mantenere il peso di tutta una struttura.

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