Ecco cosa accadrà al Comune di Foggia con lo scioglimento del consiglio comunale. Chi resta in carica?

Ecco cosa accadrà al Comune di Foggia con lo scioglimento del consiglio comunale. Chi resta in carica?

Il Comune di Foggia sarà gestito da 3 commissari straordinari, già nominati. Ma vediamo cosa accadrà alla macchina amministrativa che riguarda Palazzo di città.

“Traspare un fatto inquietante della realtà amministrativa dell’ente, che attesta uno svinimento del munus pubblico in favore degli interessi della criminalità organizzata”. E’ uno dei passaggi più importanti della relazione che ha portato alla decisione di scioglimento”, è un passaggio della relazione che ha portato alla decisione di scioglimento del Consiglio comunale di Foggia per mafia.

La commissione straordinaria sarà composta dall’attuale commissario prefettizio Marilisa Magno, dal viceprefetto Grandolfo e dal dirigente Giangrande, Gestiranno per un periodo minimo di 12 mesi fino ad un massimo di 18, prorogabile fino a 24.

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Ecco cosa potrà accadere:

Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti da dodici a diciotto mesi, prorogabili a ventiquattro in casi eccezionali (art. 143, co. 10). Esso determina anzitutto la cessazione dalla carica di tutti i detentori di ruoli elettivi e di governo (art. 143, co. 4), nonché la risoluzione di tutti gli incarichi dirigenziali a contratto, salvo il rinnovo degli stessi da parte della commissione straordinaria (art. 143, co. 6).

Va aggiunto che «gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento […] non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo nonché alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo» (art. 143, co. 11). Ciò in conseguenza della novella introdotta dalla legge n. 132 del 2018, in quanto la normativa ante riforma disponeva l’incandidabilità soltanto per la prima tornata elettorale successiva allo scioglimento e limitatamente ai casi di elezioni regionali e sub-regionali”.

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